19/12/2019
Cena di Natale
Il Rotary è sempre stato attento all'operato dei dirigenti che operano sul proprio territorio e con loro cerca una intesa operativa per svolgere al meglio la rispettiva missione di servizio.
Incontro con il nuovo Direttore Generale dell'ASST Papa Giovanni XXIII
(a cura di Carmelo ANTONUCCIO)
Sette club rotariani, l'Inner Wheel Bergamo e Inner Wheel di Treviglio e Adda, il Rotaract Club Città Alta e l'Interact Club Bergamo, tutti riuniti nella capace Sala dei Mille dell'Hotel S. Marco, presenti circa 160 soci e ospiti, numero raramente raggiunto per una conviviale rotariana, per ascoltare il Direttore Generale dell'ASST Papa Giovanni XXIII a pochi mesi dal suo insediamento.
È Giovanna MANGILI, Presidente del Rotary Club Bergamo ad introdurre il nuovo Direttore Generale Maria Beatrice STASI, la quale è stata spillata dal Governatore Roberto DOTTI come socio onorario del Rotary Club Hospital 1 GXXIII, club promotore e organizzatore dell’interclub.
Prima di dare la parola alla dott.ssa Stasi, Mangili invita il Governatore del Distretto 2042 del Rotary International, Roberto Dotti, a prendere la parola. Il Governatore Dotti manifesta la sua soddisfazione di trovarsi ancora una volta a Bergamo, dove viene spesso, accogliendo molto volentieri gli inviti dei diversi club e ricorda che l'ultima volta è stata per partecipare all'interessantissimo convegno organizzato dal Rotary Club Bergamo Ovest, presieduto da Gianfranco Ceruti, avente per tema “Il Rotary, la Chiesa cattolica e Paolo VI”. Dotti si scusa con i presenti perché dovrà assentarsi a breve per raggiungere Amburgo per partecipare al congresso internazionale. Sottolinea che uno degli aspetti che più gli piace del Rotary è la sua natura di organizzazione internazionale, “Rotary International” è in effetti la sua denominazione, ed i rotariani dovrebbero avere l'orgoglio di appartenere ad un sodalizio che consente scambi ed incontri con soci di tutto il mondo e cita, in proposito, una slide che un suo amico rotariano gli ha mandato dal Rotary di Kabul, luogo certamente considerato molto pericoloso in cui vivere, eppure anche lì opera il Rotary per dare il proprio contributo al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale. Sapere che a Kabul c'è qualcuno che ha gli stessi nostri ideali è quanto di più gratificante possa sentire un rotariano e aggiunge, a proposito del congresso internazionale, che è un piacere sapere che da tutto il mondo arriveranno ad Amburgo persone che la pensano come noi. Aggiunge quindi una considerazione finale con la quale, nell'affermare l'importanza dei progetti che i club attuano a livello internazionale, sostiene la necessità di avere lo sguardo rivolto in modo particolare ai bisogni del territorio in cui operano e nel caso specifico ritiene che l'Ospedale Papa Giovanni sia meritevole di tutta la possibile attenzione e sostegno per contribuire ad affrontare sempre meglio i bisogni di cure sanitarie della popolazione non solo bergamasca. La salute, soprattutto della mamma e del bambino, è uno dei principale programmi indicati dal Rotary International ed è quindi doveroso che i club rotariani debbano operare nel perseguire tale finalità. Con gli applausi dei presenti, l'avvocato Dotti ringrazia e si allontana.
Dopo la pausa della cena, prende quindi la parola l'Assistente del Governatore del Gruppo Orobico 1, Nicoletta SILVESTRI la quale, rivolgendosi al nuovo Direttore Generale dell'Ospedale Papa Giovanni elenca in dettaglio i numerosissimi progetti attuati dai club a favore non solo dell'ospedale ma, in generale, gli interventi finalizzati a migliorare le condizioni sanitarie perseguiti da tanti enti ed associazioni che operano sul territorio bergamasco, citandoli uno per uno in una serie così numerosa che non consente in questo breve resoconto di essere riportata per intero.
Prende quindi la parola il Presidente del club Bergamo Hospital 1 GXXIII, Giulio BASSI il quale ricorda lo stretto legame della città di Bergamo con il suo ospedale le cui origini risalgono al 1470, più di seicento anni fa, storia lunghissima documentata da una fantastica quadreria posseduta dall'Ospedale Papa Giovanni. Ricorda inoltre che in occasione del trasferimento dell'ospedale della fine del 2012 all'attuale sede, operazione complessa e mastodontica compiuta in pochissimi giorni, il gruppo orobico ha organizzato un incontro al Kilometro Rosso per presentare il nuovo ospedale. Ricorda infine che il compianto Governatore Pietro Giannini si fece promotore della nascita del nuovo club avente sede proprio nell'ospedale.
La dott.ssa STASI, intervenendo, ringrazia anzitutto i club rotariani per la splendida serata organizzata per accoglierla e si dice molto interessata a mantenere e sviluppare i rapporti con le associazioni che permettono all'ospedale di fare di più rispetto a quello che già riesce a fare con le risorse della regione Lombardia e quelle proprie. L'Ospedale Papa Giovanni, sottolinea, è uno dei quattro grandi ospedali della Lombardia, serve 240.000 cittadini del territorio in cui opera, che comprende 64 comuni e, quale curiosità, cita il fatto che deve occuparsi anche dei 500 circa detenuti del carcere di Bergamo. Altro dato interessante citato, riferito alla portata del suo intervento, riguarda l'aumento del numero di prestazioni fornite dal pronto soccorso, passate dal 2002, anno del trasferimento dai Riuniti al Papa Giovanni, da 70.000 ad oltre 100.000 dimostrando che l'ospedale è diventato centrale non solo per Bergamo ma anche per la Lombardia. I punti di forza sono certamente l'attaccamento della città all'o- spedale, non solo, ma anche quello dei medici e di tutti gli altri operatori sanitari che vi operano. Il problema che si pone attualmente e che deve trovare risposte adeguate in termini di servizio è l'invecchiamento della popolazione, grazie ai progressi della medicina, e la conseguente cronicizzazione di diverse patologie e conseguentemente bisogna garantire il servizio con le stesse risorse che era- no disponibili 10 anni fa.
Cita quindi il Decreto Ministeriale 70, un atto programmatico di pochi anni addietro, il quale detta le regole da rispettare per garantire standard adeguati di servizio e ricorda in proposito la questione dei parti che devono essere in misura superiore a 500, all'Ospedale Papa Giovanni sono circa 4000 all'anno e da qui la chiusura di qualche reparto in ospedali periferici con le polemiche riportate sulla stampa. Altro nodo da affrontare, prosegue Stasi, sono i tempi di attesa che sono abba- stanza lunghi su alcune prestazioni anche perché tutti vogliono venire all'Ospedale Papa Giovanni anche se certa diagnostica può essere fatta benissimo presso altre strutture. Su questo argomento si è già aperto un tavolo per esamina- re le soluzioni da adottare per governare meglio questo fenomeno perché esistono strutture che hanno tempi lunghissimi ed altre, viceversa, versano in condizione di scarso utilizzo dei servizi. Altro problema importante è quello della carenza dei medici e in proposito, per ovviar- vi, sono stati attivati dei corsi di medicina generale per formare nuovi medici di base e attualmente si stanno for- mando 75 medici e si spera di riuscire a coprire, nel tempo, i posti resi vacanti dei medici che vanno in pensione. L'Ospedale Papa Giovanni, oltre che centro di alta specializzazione, ha l'onere di svolgere anche altri servizi a favore del territorio, come per esempio le visite mediche per il rilascio della patente, gli accertamenti per l'invalidità civile, fornire protesi a chi ne ha bisogno, erogare prestazioni nei consultori, garantire ambulatori infermieristici, in so- stanza fare tutto, rendendo la gestione molto difficile, dal trapianto multi organo al certificato per la patente. Le persone che frequentano giornalmente il Papa Giovanni sono 11/12 mila mentre gli operatori sanitari sono 4600, di cui 719 medici e 87 dirigenti e poi 2300 persone del comparto sanitario, infermieri e personale di assistenza, veramente un esercito come l'ha definito la dott.ssa Stasi. Riafferma quindi che a fronte delle ragguardevoli esigenze da affrontare anche il ruolo delle associazione diventa un elemento cardine per assicurare il migliore svolgimento del servizio che l'ospedale è chiamato a dare. Ricorda infine i lavori in corso attualmente per migliorare alcuni locali dell'ospedale, come l'insonorizzazione del CUP e diversi altri cantieri per lavori in corso.
In conclusione del suo intervento, la dott.ssa Stasi riafferma che l'ospedale sta affrontando decisamente i problemi che ha la sanità pubblica in Italia, cercando di mantenere gli standard previsti, con la migliore utilizzazione delle risorse in dotazione che provengono in parte anche dall'esercizio della libera professione, riuscendo a fare tanto ma che, con l'aiuto delle associazione, riuscirà a fare ancora di più.
Un caloroso applauso conclude una lunga ma interessantissima conviviale interclub.
(Carmelo Antonuccio)
Un'esperienza spaventosa raccontata con sobrietà e con spunti talvolta anche ironici, ma fondamentale per la ricerca scientifica sulla conoscenza del funzionamento del nostro cervello
“Meno dodici”con Pierdante PICCIONI
Storia dell’uomo senza memoria, si risveglia dal coma dopo un incidente: ma senza i ricordi degli ultimi 12 anni
Il Presidente dopo la presentazione degli ospiti ha successivamente presentato il Relatore dicendo: “Il dott. Piccioni non è un medico qualunque.
Nel 2013, a causa di una lesione alla corteggia cerebrale a seguito di un incidente stradale, ha perso la memoria e si è risvegliato dodici anni prima della realtà che stava vivendo: dodici anni inghiottiti in un buco nero.
Di questa sua incredibile vicenda io ne ho avuto conoscenza circa due estati fa, alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, ad una presentazione del suo libro che la racconta.
Se il dott. Piccioni è qui questa sera è proprio perché quel racconto mi ha segnato.”
Il dramma e la sua evoluzione per la perdita parziale della memoria sono stati ripercorsi questa sera direttamente dal protagonista che ne è stato vittima.
La vicenda è cominciata il 31 maggio 2013. In quel giorno di quasi sei anni fa, il dott. Piccioni va fuoristrada, con la sua auto, sulla tangenziale di Pavia, in un banale incidente. Finisce in coma, si risveglia e non ricorda nulla degli ultimi 12 anni. Un vuoto di memoria che lo riporta indietro nel tempo. Vive come fosse all’epoca della lira, in cui nessuno parlava ancora di Facebook e YouTube e la crisi economica era ancora di là da venire. Il Piccioni diventa tutto ad un tratto un alieno che legge il mondo con gli occhi di un estraneo.
“L’ultimo ricordo che ho – racconta Piccioni
responsabile Edoardo Gerbelli
– è il momento in cui sto uscendo dalla scuola elementare di mio figlio Tommaso, dopo averlo accompagnato in classe la mattina del suo ottavo compleanno. Nella mia testa sono passate poche ore, quelle in cui ero rimasto privo di sensi. In realtà sono trascorsi quasi dodici anni, perché Tommaso aveva compiuto otto anni il 25 ottobre 2001”.
La sua vita d'allora è completamente cambiata; lui è cambiato. “Come medico soprattutto – dice -. Sono una persona diversa, migliore”. E sorridendo: “Questo almeno è ciò che mi dicono gli altri”. Da allora ha imparato a capire i silenzi dei dottori, dà maggiore importanza alla comunicazione non verbale, e dice che “sono più empatico verso i pazienti, essendo stato paziente io per primo”.
La sua storia da “smemorato” è riuscito a raccontarla in un libro: “Meno dodici” divenuto un best-seller.
Nello scorrere delle slides ripercorriamo anche noi il suo dramma che lui descrive con tanta pacatezza: “Il vuoto che ho avuto quando mi sono risvegliato. Oltre ad avere scoperto che mia madre era morta, ho subito uno shock come padre: il trovarsi di fronte due figli adulti, con la barba e gli esami all’università da sostenere, quando li ricordavo bambini. Due estranei”. Piccioni ha persino pensato al suicidio:“Nato due volte. Poi non l’ho fatto, grazie a tutte le persone che mi sono state vicine. La famiglia su tutti, ma anche gli amici e i colleghi”.
Il duro cammino di ricostruzione di dodici anni di memoria è stato come un “Ritorno al Futuro”. Piccioni spiega il difficile cammino nel riapprendere la tecnologia, che in 12 anni era andata avanti facendo passi da gigante, senza aspettarlo. La telefonia, per esempio. “Quello che hai sul comodino è un modello touch screen”, gli dicono in ospedale. E lui: “Questo? Mi sono fatto spiegare da mio figlio come si accende. Ma sinceramente non so come si usi”. E poi il fax. “La direzione del mio ospedale ci manda via fax le mail”, fa Piccioni. “Il fax? Scordatelo”. “In che senso?”. “Non si usa quasi più”. Ecco,
“quando ho accettato di vivere nel presente– afferma – sono praticamente tornato al futuro”.
Segue una serie di slides che illustrano alcune analogie con il suo caso che nel frattempo è diventato oggetto di studi clinici.
Non manca poi di rimarcare la soddisfazione che ha provato quando è riuscito (dopo aver ripercorso il suo piano di studi specialistici in medicina e migliaia di ore di fisioterapia) a farsi reintegrare nella struttura ospedaliera d'origine ed annullare i referti di “invalidità” pronunciati dalla equipe di medici di controllo.
Piccioni, dopo un periodo come primario del Pronto soccorso di Codogno, dove lavorava con un gruppo di colleghi che lo hanno accolto senza pregiudizi e aiutato nella lunga e faticosa riconquista della
responsabile Edoardo Gerbelli
propria identità, ha scelto di non essere più operativo.
Ora insegna e fa opera di diffusione di una nuova metodologia per il pronto soccorso. Conclude il suo intervento citando il regista e poeta Bunuel: “Bisogna incominciare a perdere la memoria per capire in che cosa consiste la nostra vita. Senza di lei, siamo niente”.
Al termine della sua relazione Piccioni è stato investito da innumerevoli interventi da parte dei convenuti. Domande che hanno spaziato dalla curiosità di come si sente “fisicamente” ad approfondimenti di natura clinica.
Il Presidente, dato il protrarsi delle domande e che l'ora si è fatta tardi, ha chiuso il dibattito ringraziando il Relatore e con il classico tocco di campana ha chiuso la conviviale.
L'evento speciale riservato al nostro Club non è stato una gratuità ma un gradito riconoscimento per l'impegno e lo sforzo profuso per il restauro del dipinto ritrovato di Andrea Mantegna.
un'apertura serale straordinaria ed esclusiva del Museo Accademia Carrara per la mostra dedicata alla Resurrezione di Andrea Mantegna
La serata si è svolta con la partecipazione di numerosi soci che con parenti e amici hanno potuto visitare la mostra dedicata ad Andrea Mantegna. Mostra che si sta svolgendo presso l'Accademia Carrara di Bergamo e che ha per titolo “RE Mantegna”.
Non poteva essere diversamente visto che il Club ha sostenuto completamente il costo del restauro della tavola ritrovata e attribuita al Mantegna grazie all'indagine ed alla competenza del nostro socio Giovanni VALAGUSSA e riportata agli originali splendori dal restauro abilmente eseguito dalla nostra Delfina FAGNANI.
Dopo l'esposizione a Londra e Berlino, La Resurrezione di Cristo di Andrea Mantegna torna in Accademia Carrara, cuore di un evento espositivo innovativo.
Un’esperienza di visita multimediale e immersiva, per sognare a occhi aperti, incontrare e vivere la grande scoperta dell’arte.
La prima proposta multimediale immersiva inserita in un percorso museale; l’occasione irripetibile di vivere i luoghi e i momenti della “scoperta”, per vedere da vicino la tavola di Andrea Mantegna, per conoscerla, per osservarla insieme ai tanti capolavori del Museo, dove sarà accolta.
Ad accoglierci e per guidarci lungo il percorso della mostra c'erano i due curatori della stessa:
Giovanni VALAGUSSA e Antonio MAZZOTTA. Il percorso inizia nella nuova ala appena ristrutturata del Museo chiamata “La Barchessa” che nel passato era la residenza, alla metà del 1800, del Direttore del museo come ce lo racconta Giovanni: “La mostra si svolge all'interno degli spazi appena ristrutturati della Barchessa. In particolare possiamo ammirare l'affresco del soffitto che rappresenta il risveglio di Aurora, una allegoria proprio dell'aurora. Nella cornice dell'affresco sono rappresentate delle pitture di statue che rappresentano le varie forme della cultura e dell'arte; mentre nel fregio più in basso sono rappresentate delle sculture dei più noti artisti bergamaschi.
Ci sposteremo poi nella sala superiore dove è stato allestito un nuovo impianto museale, pensato in collaborazione con lo Staff della Carrara, “immersivo”. Sarà un nuovo modo di conoscere, capire ed apprezzare l'arte con l'uso di metodologie multimediali che coinvolgono i visitatori.
In questa sala potrete seguire tutto il percorso e la storia del dipinto di Mantegna ritrovato qui in Carrara. Percorso raccontato per flash intensi che ci farà conoscere la storia della ricomposizione delle due tavole; il raffronto e l'accostamento con altri dipinti; i criteri di attribuzione attraverso l'illustrazione dei particolari oltre all' l'uso di analisi scientifiche ed altro. Tutto ciò ci permette di entrare nel clima di quest'opera, che benché piccola, saremo immersi in questo ampio spazio virtuale.”
Abbiamo poi iniziato il percorso della mostra proprio entrando in questa grande sala dove veniamo avvolti da luci, immagini e suoni che al momento generano un po' un senso fisico di “nausea”. Sembra di essere immersi in un mondo irreale e ogni immagine proiettata ci obbliga continuamente a spostare la nostra attenzione e ruotare il nostro sguardo a 360 gradi. Un nuovo modo di conoscere e percepire l'opera d'arte.
Dopo questo impatto virtuale con l'opera ci siamo incamminati lungo la storia e la cultura del Rinascimento italiano ed in particolare l'ambiente dove Andrea Mantegna ha lavorato e prodotto i suoi capolavori. Solo contestualizzando l'opera si è in grado di coglierne la reale portata innovativa d'essa e comprenderne il messaggio artistico.
E' stato molto importante conoscere i rapporti tra Mantegna e Bellini; tra Mantegna e i Gonzaga. Conoscere l'originaria collocazione della tavola pittorica, la sua asportazione (con i relativi danni) e la sua scissione in due tavole. Fatto questo in uso tra gli antiquari dell'ottocento.
Il percorso si conclude con la visione del filmato che mostra e racconta tutta la storia di questa incredibile e affascinante avventura: dall'intuizione della scoperta alle indagini, dall'attribuzione al restauro, dalle esposizioni di Londra e Berlino al ritorno in Carrara.
Il cortometraggio è stato realizzato e prodotto dal team NT Next del nostro socio Antonio DI MARCO e dallo stesso generosamente donato alla Carrara e alla Città.
La scoperta del Mantegna ci ha portati alla riscoperta della Carrara grazie alla sapiente guida di Giovanni VALAGUSSA e Antonio MAZZOTTA che ci hanno accompagnati con questa nuova proposta museale pensata per conoscere, osservare, emozionarsi. Questo Nuovo percorso e intrecci inediti, svelano un museo vivo, un museo per i bambini, le famiglie, gli adulti, i turisti e che offre a ognuno un’esperienza di visita “su misura”.
La serata ha visto il nostro Presidente Piero MINETTI nella veste di “anfitrione” orgoglioso di aver saputo coalizzare attorno a questo grande progetto tutti i soci creando una vera fellowship rotariana ed un vero progetto di servizio a favore della Città.
Un momento di riflessione e di riscoperta della nostra identità rotariana con una discussione serrata sui valori ed il sostegno alla fondazione.
“Parliamone tra noi”
Fulvia CASTELLI e Matteo FERRETTI ci parlano di Formazione Rotary e della Rotary Foundation
Il Presidente Piero Minetti ha aperto la conviviale ringraziando i partecipanti e spiegando che questo appuntamento, rivolto ai soli soci, ha una notevole importanza per la presa di coscienza per loro e per il futuro del Club. Solo se siamo convinti e conosciamo a fondo la nostra Associazione saremo portatori di nuovi progetti e di nuovi soci.
Il Club ha ritrovato un momento per riflettere e discutere su due azioni importanti per una maggiore conoscenza e coscienza del nostro impegno rotariano. Gli argomenti all'ordine del giorno erano la FORMAZIONE dei soci e l'impegno verso la nostra FONDAZIONE.
Due argomenti che sembravano piuttosto ostici da affrontare e sui quali nel passato ci siamo fatti troppi scrupoli visto che coinvolgono direttamente ciascun socio ponendolo di fronte a precise responsabilità e scelte. Cosa intendo quando mi considero un rotariano? Che percezione hanno le persone con le quali mi incontro ogni giorno del mio essere rotariano? La mia adesione al Rotary è per “servire gli altri al di sopra di ogni interesse” oppure un modo per una rimpatriata con gli amici?.Quale è il mio contributo al Rotary?
Le domande che ci poniamo sono molteplici e non tutte possono trovare una risposta immediata, ma devono rimuovere la ritrosia che spesso proviamo quando sentiamo parlare di “Rotary”.
Fulvia CASTELLI, Presidente distrettuale della Commissione Formazione, nonché nostra socia, ha cercato in modo “leggero e semplice” di affrontare questi temi. Ci ha presentato un modo diverso di essere – comunicare – agire da rotariani.
Dopo aver introdotto la funzione della Commissione Formazione e il supporto che dà ai Club del Distretto in una logica di lavoro comune e coordinato proprio come la Squadriglia delle Frecce Tricolori, ha chiarito immediatamente “CHI NON SIAMO”.
Non siamo quelli che mangiano e bevono
non siamo quelli che organizzano gite
non siamo benefattori
non siamo quelli dei… luoghi comuni
Sbaragliato il campo dai luoghi comuni ha poi illustrato le caratteristiche di un rotariano.
“CHI SIAMO”
Siamo ROTARIANI
Testimoni di una storia Internazionale
Testimoni del nostro Distretto
Testimoni del nostro Club
LA STORIA DEL ROTARY
LA NOSTRA STORIA
Ossia, attraverso la storia dell'azione umanitaria che il Rotary ha fatto in oltre cento anni dalla sua fondazione, noi possiamo proporci come attori e compartecipanti alla soluzione di alcune criticità che ci sono nel mondo: dalla pace all'istruzione; dall'accesso a tutte le popolazioni all'acqua ed ai servizi sanitari…..
La storia del nostro Club, così come ha ribadito Fulvia, è testimone del nostro servizio per l'umanità.
A questo punto ha ricordato i service che il Club ha realizzato dalla sua costituzione avvenuta nel maggio 1996. Attraverso questi service noi dimostriamo a tutte le persone che cosa siamo e cosa vuol dire essere socio del Rotary. Mostriamo i nostri valori.
Ecco che allora assumono un significato più pregnante i nostri simboli e il nostro ritrovarci in conviviale.
la ROTELLINA: Che portiamo è simbolo del nostro impegno
Le CONVIVIALI: Fulcro della nostra apertura al mondo
I NUOVI SOCI: Il nostro domani
I NOSTRI SERVICE: FANNO LA DIFFERENZA NEL MONDO
Però il Rotary non è un organismo pietrificato, ma in continua evoluzione ed al passo con i tempi. Anche se certe scelte che vengono proposte dal Rotary International ci possono sembrare astruse dal nostro modo statico di pensare, esse tendono sempre ad allineare l'azione umanitaria del Rotary alle richieste ed alle esigenze del tempo in cui si attuano.
Fulvia ci ha così ricordato che la tradizione orale è sempre un valore, ma che deve essere integrata con gli strumenti che l’era digitale ci mette a disposizione e ci permette di raggiungere più persone; di essere maggiormente formati ed informati; di condividerne i service.
Il Rotary ci mette a disposizione uno strumento potente per fare tutto ciò: si chiama My Rotary.
My Rotary è la casa digitale di tutti i soci rotariani dove è possibile informarci, formarci, divulgare ed agire. My Rotary è una sezione specifica dedicata ai soci all'interno del sito internet dell'Associazione.
Ogni socio deve il proprio account e usarlo come mezzo di formazione continua.
“Se il Rotary vuole costruire il proprio destino, non può che continuare ad essere innovativo e, in qualche caso, rivoluzionario”. Paul Harris
Non basta essere rotariani, occorre anche agire.
A questo punto Fulvia ha ceduto la parola a Matteo FERRETTI, membro della Commissione distrettuale ROTARY FOUNDATION e nostro socio il quale ha spiegato perché abbiamo una Fondazione; perché dobbiamo sostenere la nostra Fondazione e come fare a sostenerla.
Lo scopo della Fondazione Rotary è quello di
FARE DEL BENE NEL MONDO
La Fondazione Rotary, ha ribadito Matteo, trasforma le tue donazioni in progetti che cambiano vite a livello locale e internazionale.
Durante gli ultimi 100 anni, la Fondazione ha speso 3 miliardi di dollari per progetti sostenibili e capaci di cambiare in meglio la qualità della vita di chi è in difficoltà
Grazie all'aiuto che ogni rotariano ha dato e che continua a dare è possibile migliorare la qualità della vita nella nostra comunità e in tutto il mondo.
Ha poi spiegato i motivi per i quali noi dobbiamo donare alla Fondazione Rotary.
La nostra donazione fa la differenza per coloro che hanno maggiore bisogno del nostro aiuto. Oltre il 90 per cento delle donazioni va direttamente al sostegno dei nostri progetti di service in tutto il mondo.
Come vengono impiegati i fondi delle donazioni dalla Fondazione Rotary?
I nostri 35.000 club svolgono progetti di service sostenibili nelle nostre sei cause principali. Grazie alle tue donazioni, siamo riusciti ad eliminare il 99,9 per cento dei casi di polio. Inoltre, le tue donazioni ci consentono di continuare a elargire fondi per finanziare la formazione dei futuri edificatori di pace, fornire accesso all’acqua potabile e rafforzare le economie locali.
Ecco perché il nostro impegno deve essere costante ed incrementale e fare nostro il motto:
EVERY ROTARIAN EVERY YEAR
ossia
OGNI ROTARIANO OGNI ANNO
che vuol dire versare alla Fondazione 100 USD all'anno, anche se ciò è facoltativo, per ogni socio.
Ciò non può essere considerata una gabella, ma un gesto concreto e cosciente per dare vita ai nostri ideali.
Dobbiamo, anche essere orgogliosi nel donare perché la Rotary Foundation ha dimostrato da sempre d'essere una fondazione al top delle associazioni che aiutano i popoli. Non siamo noi rotariani a dirlo ma è un organismo internazionale che ci giudica e che valuta il nostro impegno socio-umanitario.
Come potete constatare qui sotto, dal report di Charity Navigator. Ente internazionale che valuta la trasparenza e l'utilizzo dei fondi versati dai donatori alle varie associazioni umanitarie del mondo.
Il dibattito che si è aperto subito dopo l'esposizione dei nostri due Relatori è stato molto effervescente e ha contribuito a meglio chiarire e sfatare alcuni luoghi comuni (cosiddette leggende metropolitane) che serpeggiano in molti rotariani disinformati.
La serata è continuata parlando di progetti e il Presidente ha letto un breve aggiornamento sugli stessi recapitatogli da Paola Brambilla; Presidente della commissione, purtroppo assente questa sera.
Paola ha fatto rimarcare non solo i due progetti di “riferimento” di questo nostro anno rotariano (il laboratorio “Click e..luce fu” e il Restauro della tavola del Mantegna) ma anche:
l”aiuto fornito ai ragazzi della Comunità L'Aquilone dell'Aeper grazie alle prestazioni rese dall'oculista Dott. Galdini e dalle forniture di occhiali fatte da due ottici amici di nostri soci che hanno collaborato gratuitamente con il nostro Club;
la continuazione del service “al museo coi nonni” con la prossima visita della scuola di Locatello Imagna; sarà invece spostata al prossimo anno quella della scuola di Rovetta per loro difficoltà organizzative;
Nella serata viene anche confermata l'adesione al progetto “Che Classe” della UILDM (con due quote per complessivi € 1.600.00=) e di renderci disponibili con il Centro Bambino Famiglia per la tinteggiatura richiesta dei loro locali accollandoci il costo dell'imbianchino e partecipando personalmente ai lavori (previsti per un sabato del prossimo maggio).
E' stata una serata utile da ripetere più spesso, perché la conoscenza accresce la consapevolezza di appartenere ad una grande Associazione formata da veri leader.
Nel racconto della sua avvincente avventura in Patagonia per un raid in bicicletta traspare tutto l'entusiasmo e la passione per uno sport che è sinonimo di sacrificio.
“La Patagonia in bici”
relatore Pietro PELLEGRINI
Il Presidente Piero MINETTI ha aperto la conviviale dicendo “Grazie di essere intervenuti. Questa sera è una serata particolare: dopo l'Africa e motociclette, passiamo alla Patagonia ed alle biciclette. Stasera protagonista il nostro Pietro Pellegrini con i suoi amici. Protagonista e gran cerimoniere perché non solo ha curato nei dettagli la presentazione ma ha portato, come suo solito, anche una nutrita scorta di vino coordinato con il menù della cucina.”
Ha quindi salutato i numerosi ospiti, compagni di avventura di Pietro, con le loro consorti, nonché Nicoletta SILVESTRI, Assistente del Governatore e l'amico Carlo GHEZZI.
Pietro, in seguito, ha preso la parola per raccontarci questa sua meravigliosa avventura.
“Siamo un gruppo di amici, appassionati di ciclismo, che
si sono aggregati per affrontare questa esperienza.
Voi vedrete, in questo filmato, una sintesi delle oltre quattrocento fotografie che tutto il gruppo ha scattato durante il viaggio.
Prima di parlare della nostra esperienza in Patagonia vorrei però fare una premessa: non sono un "malato" di bicicletta ed ho iniziato a frequentarla "solo" a quarant'anni. Fondamentalmente perché faccio un mestiere che mi obbliga spesso a tenere le gambe sotto il tavolo e sono ceto che se non avessi fatto questa scelta mi ritroverei sicuramente con diversi chili in più (e già ne ho di troppo) e con la probabilità di vivere qualche anno di meno. Mi sento quindi di dire che devo tanto alla bicicletta, che è si una bella passione ma anche uno dei migliori metodi anti-stress e senza dubbio salutare.
Per introdurre l'argomento Patagonia mi piace ricordare una cosa: l'estrema sensazione di pace e di tranquillità al ritorno di quell'esperienza, una cosa che non avevo mai provato. Torni dopo un breve periodo in quei posti e ti senti, anche se purtroppo solo per poco, un'altra persona. Ancora una volta merito della bicicletta.
Basta chiacchiere, ora vediamo queste foto, non fatte con macchine professionali ma con i nostri telefonini. Tra l'altro io alla quinta tappa ho rotto il mio (era nello zaino e si è piegato in due)per cui le foto io non ne avevo molte ed ho chiesto l'aiuto a tutto il gruppo.”
Dopo questa introduzione Pietro ha iniziato a raccontarci il suo viaggio.
Un viaggio che si è articolato in ben dodici tappe (alcune molto impegnative) e che inizia con la partenza dall'Aeroporto di Malpensa-Milano il 26 dicembre 2017.
Il programma prevedeva lo scalo di transito a Buenos Aires, dove hanno approfittato per una veloce visita alla città per poi fare scalo all'aeroporto di El Calafate il giorno dopo.
Il giorno successivo, 28 dicembre, è stato dedicato alla visita del ghiacciaio Perito Moreno. L'unico ghiacciaio che è ancora in crescita.
Il 29 dicembre 2017 inizia l'avventura in bici e per meglio comprenderla verrà descritta come una road map.
Iniziamo la nostra avventura lasciandoci alle spalle EI Calafate e immettendoci sulla mitica Ruta 40. Una lunga e costante salita ci porterà fino alla Cuesta de Miguez, uno splendido balcone da dove potremo ammirare la valle del Lago Argentino e con un pò di fortuna il massiccio del Fitz Roy. La seconda parte della tappa sarà più rapida fino all'innesto con una pista sterrata che ci immetterà nella pampa patagonica fino a raggiungere il nostro accampamento.
Prima parte di giornata su pista sterrata con panorami sulla pampa. Dopo aver raggiunto l'asfalto e averlo percorso per una decina di chilometri inizieremo ad intravvedere le prime roccaforti delle Torres del Paine, che raggiungeremo però solo l'indomani. Dopo aver attraversato la frontiera con il Cile termineremo la nostra tappa nella piccola località di Cerro Casti/Io.
Lasciamo Cerro Castillo per entrare all'interno del Parco Nazionale Torres del Paine. Tappa spettacolare con continue vedute sul Paine. Dopo l'ingresso ci aspetta la salita più dura di tutto il nostro viaggio. Ultimo dell'anno indimenticabile in uno dei nostri accampamenti preferiti.
Tappa relativamente breve ma che include l'insidia del vento che dovremo affrontare per godere dello spettacolo del Lago Grey. Qui breve trekking sul lago prima di continuare fino al nostro accampamento.
Lasciamo il Parco del Torres del Paine e continuiamo verso sud in direzione Puerto Natales. Tappa molto spettacolare, con continui saliscendi ed una splendida vista sul Lago Toro. In prossimità di Puerto Natales ci affacciamo sull'Oceano Pacifico. Giunti in città ci aspetta un transfer di 250 chilometri per raggiungere Punta Arenas, dove trascorreremo la notte.
Attraversiamo in traghetto lo stretto di Magellano per raggiungere Porvenir. Da qui inizia una magnifica pista lungo l'oceano che seguiremo tutto il giorno fino a raggiungere il nostro accampamento.
Proseguiamo sulla nostra pista per aggirare la parte terminale del Bahia Inutil. Il cambio di direzione ci porterà quasi sicuramente a pedalare contro il forte vento patagonico, giusto dazio da pagare per chiunque voglia visitare queste terre. Termineremo la nostra giornata nell'idilliaca Cameron, piccola cittadina di pescatori e pastori incastonata in una baia riparata dal vento.
Iniziamo la attraverersata che ci porterà, nell'arco di due giorni, ad affacciarci sull'Oceano Atlantico. Pedaleremo tutto il giorno verso est, su piste sterrate dove l'incontro con altre persone sarà un evento molto raro.
Verso la fine della tappa ci avvicineremo al Passo Bellavista non prima di avere attraversato alcuni splendidi boschi.
Lasciamo il nostro accampamento e proseguiamo sulla nostra pista verso est con continui saliscendi. Ultimi chilometri su asfalto per raggiungere la cittadina di Rio Grande.
Altra splendida tappa all'interno della Isla Grande della Tierra del Fuego. Dopo aver percorso un piccolo tratto della Ruta Nacional 3 entreremo in una pista che ci condurrà fino ai pressi del Lago Chepelmut dove accamperemo.
Iniziamo ormai ad assaporare la nostra meta finale. Restano ancora pochi chilometri di sterrato prima di immetterci definitivamente sulla Ruta 3 che ci condurrà fino a Ushuaia. Sosta d'obbligo alla mitica Panaderia di Tolhuin e accampamento sul Lago Escondido.
Ultima tappa del nostro viaggio. Per giungere alla nostra meta dovremo affrontare il mitico Passo Garibaldi.
L'arrivo a Ushuaia è previsto nella mattinata del 9 gennaio. Nel pomeriggio avremo il tempo per preparare le bici e fare gli ultimi acquisti prima del rientro.
10 Gennaio 2018 - Rientro in Italia
Dopo questo viaggio in bici che Pietro ci ha fatto partecipi con i suoi amici, è iniziata una serie di domande da parte dei soci e degli ospiti. Domande che hanno spaziato dal tipo di equipaggiamento utilizzato, alla vita di gruppo in coabitazione forzata.
E' stata anche l'occasione per Pietro per accennare al suo ultimo viaggio in Sud Africa, ma questo sarà oggetto di una successiva conviviale.
Alla specifica domanda sul tipo di organizzazione Pietro ha così risposto: “Noi eravamo un po' preoccupati perché se avessimo avuto un gruppo un po' meno omogeneo questo poteva essere un problema. Aggiungi, inoltre, il fatto cheandare in bici per fare dodici tappe con un furgone che ci seguivaera potenzialmente rischioso. Sul pulminoc'erano di fatto tre posti: chi guidava il pulmino, la cuoca e l'aiutante. Se uno del gruppo dei ciclisti non stava bene oppure aveva male alle gambe o era stanco, non avrebbe avuto tanto spazio. Per uno c'era spazio; per un'altro piccolo poteva essercene, ma per uno come me non c'era più posto. Devo dire che siamo partiti con alcuni problemi oggettivi: Mario è partito con una bronchite (trascinata per diversi giorni); Giovanni ha avuto qualche altro problema, ma bene o male ce la siamo sempre cavata egregiamente. Anche con un gruppo al qualesi erano aggregati due americani e un polacco.”
La serata è stata conclusa dal Presidente con il classico tocco di campana non tralasciando però di ricordare ai soci l'impegno per la prossima conviviale che si terrà presso la ditta PERSICO GROUP di Nembro e per la quale occorre prenotarsi per tempo.
(Cliccaquiper scaricare la presentazione)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34
23/11/2019
Visita guidata al Premio Cairo Editore
14/11/2019
VISITA DEL GOVERNATORE
07/11/2019
Francesco Micheli Direttore Artistico della Fondazione Teatro Donizetti
19/12/2019
Cena di Natale